DISTURBI DELL’ATTENZIONE E IPERATTIVITA’
Spesso si usa il termine “iperattivo” nel linguaggio comune riferendosi alla particolare vivacità di un bambino.
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo e comporta quindi una difficoltà specifica nel mantenimento dell’attenzione, controllo degli impulsi e controllo motorio. In concreto, il bambino che presenta tale disturbo fatica a regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, del variare delle richieste dell’ambiente e degli obiettivi. Non deve essere confuso con una fase di crescita del bambino, con l’inadeguatezza educativa dei genitori, né tantomeno si tratta di un problema di “vivacità” o di “cattiveria”. La mancanza di strategie di controllo impedisce infatti al bambino di raggiungere i propri obiettivi di crescita, siano essi sociali, di apprendimento o emotivi. Inoltre i problemi di iperattività e disattenzione ingenerano un clima stressante sia in famiglia che a scuola, mettendo a confronto genitori e insegnanti con una serie di fallimenti educativi.
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, noto in ambito clinico come DDAI ( in passsato ADHD: Attention eficit/hyperactivity disorder), è descritto dal DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come una “situazione/stato permanente di disattenzione e/o iperattività più frequente e grave di quanto si osservi in bambini di pari livello di sviluppo” che può compromettere vari fasi dello sviluppo psicologico del bambino tanto da predisporlo ad una patologia psichiatrica o disagio sociale in età adulta. In pratica, abbiamo a che fare con un disturbo che si manifesta con la evidente difficoltà del bambino a concentrarsi e con la tendenza a muoversi continuamente. Entrambe le problematiche, disattenzione e iperattività (tipo combinato), possono presentarsi nello stesso bambino oppure un soggetto può manifestare una prevalente disattenzione o una prevalente iperattività. L’eccesso di movimenti non è necessariamente legato alla distraibilità (ovvero, il bambino si muove di più quando gli viene richiesta maggiore attenzione) poiché è stato osservato che questi bambini presentano lo stesso eccesso di movimenti anche la notte.
L’ICD-10 racchiude i sintomi, utili alla diagnosi di DDAI, nella definizione di Sindrome Ipercinetica (HKD).
Il comportamento dei bambini iperattivi è spesso “sopra le righe”. Agitati, impulsivi, energici, annoiati e spesso anche geniali. Tendono a passare da un gioco all’altro e faticano nell’organizzare un gioco o un’attività che prevede la pianificazione di una serie ordinata di azioni. E’ come se non possedessero i naturali “filtri” che permettono ad altri bambini di concentrarsi su un’informazione, isolando tutti gli stimoli inutili. Per un bambino con questa sindrome uno stimolo “inutile” è un telefono che squilla, dei passi in lontananza, la voce del compagno di classe che chiacchiera mentre la maestra parla. Nessun rumore è di sottofondo e tutte le sensazioni sono sempre presenti a prescindere da quello che l’individuo sta facendo; così è facile “perdere il filo”. Sono bambini che faticano anche nella socializzazione poiché dovrebbero fare un costante sforzo per partecipare ad un gioco di società con ruoli e regole anche semplici, come il rispetto del turno di gioco; per non parlare poi della loro naturale tendenza alla “sincerità”: faticano a controllare l’espressione verbale dei propri pensieri non riflettendo sulle possibili conseguenze sull’altro. Inoltre è sintomatica la loro difficoltà ad attendere e tendono a dare risposte impulsive che spesso si rivelano sbagliate, così come anticipano le domande degli altri, incorrendo spesso nel rischio di rispondere in modo sbagliato. Genitori ed insegnanti li definiscono impegnativi e spesso ingestibili sul piano educativo, nonostante presentino un alto potenziale intellettivo. Spesso infatti alla disattenzione e all’iperattività si associa un alto livello intellettivo che però è difficile da valorizzare, proprio a causa delle manifestazioni comportamentali disturbanti di cui questi bambini sono protagonisti: nel contesto scolastico tendono ad alzarsi continuamente, a disturbare gli altri, rispondono prima che la domanda della maestra sia finita, si annoiano e si distraggono facilmente così che gli apprendimenti finiscono con il diventare ostacoli insormontabili per loro.
Può essere difficile discriminare tra eccessiva vivacità ed una lieve forma di DDAI, ma la maggior parte dei soggetti che vengono riferiti ai clinici presentano una sintomatologia che supera la soglia tra una lieve difficoltà di controllo dell’attenzione e la presenza di sintomi che interferiscono con il normale adattamento del bambino.
Nella descrizione di un quadro caratteriale vengono spesso utilizzati dei termini che definiscono un "temperamento particolarmente attivo" (es. temperamento difficile, temperamento ipertimico, temperamento disinibito, temperamento volto alla ricerca delle novità). Tali temperamenti sono normali e non disadattivi, anche se possono aumentare la vulnerabilità a disturbi del comportamento di altra natura. Un disturbo come il DDAI si differenzia per la sua precocità, per la sua pervasività nei diversi ambienti, indipendentemente dalle loro caratteristiche, per la scarsa capacità di finalizzare l’iperattivismo in attività costruttive, ma soprattutto per la marcata interferenza sul funzionamento scolastico, familiare, sociale, nel tempo libero.
Esistono condizioni ambientali sfavorevoli che facilitano l’insorgere di una sintomatologia simile a quella del DDAI, per esempio: contesti sociali degradati, situazioni familiari caotiche, condizioni educative incongrue (come l’eccessiva rigidità o permissivismo), organizzazioni scolastiche inadeguate, condizioni psicopatologiche familiari, problemi familiari malgestiti. Tali condizioni creano delle alterazioni caratteriali e di sviluppo che rendono i comportamenti infantili particolarmente difficili (bambini agitati o ansiosi), ma si tratta di comportamenti che rientrano facilmente laddove il contesto è in grado di modificarsi. Nel caso di bambini con DDAI tali condizioni esasperano i sintomi e ne amplificano la gravità; al migliorare delle condizioni ambientali non si modifica il disturbo ma si osserva un miglioramento della sintomatologia.
I disturbi del comportamento che possono associarsi all’ADHD sono il "disturbo oppositivo-provocatorio" (DOP) ed il "disturbo della condotta" (DC).
Il primo è caratterizzato da comportamento di sfida e ostile il secondo, più grave, da aggressività, distruttività, furti, menzogna e delle regole sociali.
L’associazione tra DDAI e DOP è molto elevata, fino al 50-60% secondo alcuni studi sia clinici che epidemiologici, mentre una percentuale intorno al 30% presenterebbe un DC associato. la precocità dell’associazione DDAI-DC rappresenta un fattore di forte rischio evolutivo e richiede quindi interventi terapeutici tempestivi, per evitare l’evoluzione verso un disturbo antisociale
I bambini con DDAI hanno di solito un rendimento scolastico con prestazioni inferiori rispetto a quelle dei coetanei pur possedendo un potenziale cognitivo normale o spesso superiore alla norma. La spiegazione di tale fenomeno è da ricercare nelle difficoltà di autoregolazione e mantenimento dell’attenzione che rendono difficile l’apprendimento scolastico al punto da far sì che spesso i bambini con DDAI sviluppino una vera e propria difficoltà di apprendimento in una o più aree.
L’età di insorgenza del disturbo è tra i 3 e 4 anni ma esistono numerosi casi per i quali l’insorgenza è rilevata tra i 6 e i 7 anni. Con l’ingresso alla scuola elementare e l’aumento delle richieste di prestazione e di accettazione delle regole, i sintomi di DDAI si fanno in effetti più evidenti. Con la crescita l’iperattività tende a diminuire in termini di frequenza e intensità e può essere in parte sostituita da una sorta di “agitazione interiore”: insofferenza, continui cambi di attività, movimenti del corpo. A volte è possibile che con l’adolescenza si associno anche tratti del carattere che impediscono un soddisfacente inserimento sociale: tendenza alla prepotenza, ostinazione, scarsa tolleranza alla frustrazione, scatti d’ira. In fase adolescenziale si assiste comunque ad un’attenuazione della sintomatologia propria del DDAI ma ciò non significa che il problema sia risolto in quanto spesso uno sviluppo connotato dall’assenza di strategie di controllo degli impulsi porta all’insorgere di altre patologie come la depressione o la condotta antisociale.
Fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo sono: presenza di disturbi psicologici nei familiari, abuso di fumo o alcool in gravidanza, assenza di un genitore o educazione non adeguata, problemi di salute o di sviluppo del bambino, precoce insorgenza di elevati livelli di attività motoria, atteggiamenti educativi inadeguati (eccesiva criticità, permissivismo o rigidità), presenza di una problematicità dei genitori nell’area dell’attenzione e dell’iperattività.
Secondo la maggior parte dei ricercatori e sulla base degli studi degli ultimi quarant’anni il disturbo si ritiene abbia una causa genetica . Studi su gemelli hanno evidenziato che il DDAI ha un alto fattore ereditario (circa il 75% dei casi). Altri fattori sono legati alla morfologia cerebrale, o anche possono essere legati a fattori prenatali e perinatali o a fattori traumatici.